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Bimbo down ticinese iscritto a scuola in Italia. In Svizzera poteva frequentare solo un istituto speciale

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Bimbo down ticinese viene trasferito dai genitori in una scuola italiana. In Svizzera sarebbe stato obbligato a frequentare un istituto speciale, con garantite al massimo due ore a settimana con i coetanei normodotati. Alla ricerca dell’inclusione scolastica, i genitori del piccolo Nathan hanno deciso di valicare il confine. Per fortuna in Italia si è trovato un banco per il bimbo down ticinese in una classe tradizionale.

A farlo sapere è il quotidiano Ticino News, che ha intervistato la mamma di Nathan, Antonella Veronesi, di Down Universe, un associazione che riunisce i genitori di bambini con sindrome di Down svizzeri. Quella di trasferire il figlio in una scuola italiana «è stata una scelta sofferta, che ci crea qualche difficoltà logistica ma che si è resa necessaria per il suo futuro», spiega la madre. «Secondo le autorità ticinesi Nathan, in quando disabile, avrebbe dovuto frequentare una scuola speciale o, al massimo, una classe normale per un massimo di un paio d’ore al giorno. In pratica, rimanere escluso dai suoi coetanei ‘normali’», spiega la mamma del bimbo down ticinese, iscritto in una scuola italiana.

IL BIMBO DOWN TICINESE COSTRETTO A VALICARE LA FRONTIERA CON L’ITALIA PER FREQUENTARE UNA CLASSE TRADIZIONALE

Nathan ha cominciato la scuola in Svizzera, ma i genitori non sono rimasti soddisfatti. «Vedevamo nostro figlio mortificato e come se fosse segregato. Allora ci siamo guardati intorno, per vedere se esistevano offerte scolastiche più complete: siamo andati in Italia e una scuola, dopo aver fatto i test del caso, ha accettato che Nathan frequentasse una scuola normale come tutti i suoi coetanei». l trasferimento del bimbo down ticinese è stato utile a tutti, come spiega sua madre a Ticino News

Vivere la quotidianità con i suoi compagni di classe, senza sentirsi diverso, ha dato enormi stimoli a Nathan, che infatti in un solo anno è migliorato tantissimo, più di quanto potessimo mai immaginare. E i genitori dei suoi compagni ci hanno raccontato che anche i loro figli a loro volta sono migliorati imparando da Nathan, imparando ad accettare il diverso, che spesso è diverso solo nelle nostre teste “adulte”, e capendo i valori dell’aiutare chi è più in difficoltà per non lasciare indietro nessuno.

La mamma di Nathan ha ragione, quella dell’inclusione è una strada che l’Italia ha scelto di imboccare già dall’inizio degli anni ’70. Gli ostacoli non mancano e le ingiustizie capitano anche da noi, ma possiamo essere fieri che nel nostro paese siano percepite come tali, altrove vige ancora il principio di isolare chi è diverso.

Foto copertina dall’archivio ANSA/ ALESSANDRO DI MARCO

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